Emergono profili di incompatibilità comunitaria per la nuova disciplina dell’Iva per cassa così come proposta nel testo modificato in sede di conversione del D.L. n. 83 del 2012.
In particolare l’incompatibilità viene rilevata nella parte in cui viene collegato il diritto alla detrazione del cessionario-committente all’effettuazione dell’operazione, prescindendo dal pagamento della fattura.
La presenza di questa incongruenza rischia di indebolire una misura che, invece, ampliando l’applicazione del regime agli operatori con fatturato fino a due milioni di euro (limite oggi previsto fino a 200.000 euro), potrebbe risultare particolarmente utile per gli equilibri finanziari delle imprese.
Tale misura è rimodulata in conformità alle novità introdotte dalla direttiva fatturazione (direttiva 2010/45/UE, produttiva di effetti dal 1° gennaio 2013), per cui il diritto alla detrazione di un soggetto passivo per il quale l’Iva diventa esigibile al momento dell’incasso del prezzo può essere posposto fino al pagamento al suo fornitore-prestatore dell’Iva relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo. E in effetti, nell’emendamento – invertendo gli attuali canoni di funzionamento del modello – è stabilito che per l’operatore nel regime per cassa l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.
Ciò che è disallineato con il dettato comunitario è invece il successivo passaggio del testo normativo proposto, in cui si dice che il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al cessionario-committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, seppure il corrispettivo non sia stato ancora pagato. In altre parole, il diritto alla detrazione viene collegato al parametro dell’effettuazione dell’operazione (per i beni mobili la consegna) e non dell’esigibilità, sicché c’è una lesione del principio di simmetria fra versamento e detrazione, in violazione dei principi UE. (Il Sole 24 Ore del 25 luglio 2012, pag. 22, Matteo Mantovani, Benedetto Santacroce )
La presenza di questa incongruenza rischia di indebolire una misura che, invece, ampliando l’applicazione del regime agli operatori con fatturato fino a due milioni di euro (limite oggi previsto fino a 200.000 euro), potrebbe risultare particolarmente utile per gli equilibri finanziari delle imprese.
Tale misura è rimodulata in conformità alle novità introdotte dalla direttiva fatturazione (direttiva 2010/45/UE, produttiva di effetti dal 1° gennaio 2013), per cui il diritto alla detrazione di un soggetto passivo per il quale l’Iva diventa esigibile al momento dell’incasso del prezzo può essere posposto fino al pagamento al suo fornitore-prestatore dell’Iva relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo. E in effetti, nell’emendamento – invertendo gli attuali canoni di funzionamento del modello – è stabilito che per l’operatore nel regime per cassa l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.
Ciò che è disallineato con il dettato comunitario è invece il successivo passaggio del testo normativo proposto, in cui si dice che il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al cessionario-committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, seppure il corrispettivo non sia stato ancora pagato. In altre parole, il diritto alla detrazione viene collegato al parametro dell’effettuazione dell’operazione (per i beni mobili la consegna) e non dell’esigibilità, sicché c’è una lesione del principio di simmetria fra versamento e detrazione, in violazione dei principi UE. (Il Sole 24 Ore del 25 luglio 2012, pag. 22, Matteo Mantovani, Benedetto Santacroce )